Come difendere Kiev? La Nato accentrerà a Bruxelles lo smistamento degli aiuti (senza inviare truppe)
Il documento che sarà approvato al vertice Nato di luglio: il comando degli aiuti passerà dagli Usa all'Alleanza. Rafforzato il fianco Est: a breve saranno pronti 300 mila uomini
«No boots on the ground». Questa, secondo quanto risulta al Corriere, è una delle frasi chiave contenute nella bozza del documento che sarà approvato dal vertice Nato, in programma a Washington dal 9 all’11 luglio. Il riferimento è all’Ucraina: l’Alleanza atlantica non manderà soldati in battaglia («niente scarponi sul terreno»). La strategia, dettata dagli Stati Uniti, non cambia. Nello stesso tempo, però, i leader occidentali preparano un cambio di passo.
Finora è stato il segretario alla Difesa Usa, Lloyd Austin, a guidare il «gruppo di Ramstein», vale a dire quei 50 Paesi che supportano l’esercito di Volodymyr Zelensky. Nel summit di luglio, invece, si deciderà di trasferire questo compito al quartier generale della Nato, a Bruxelles. La mossa ha una motivazione pratica: il 99% del materiale consegnato a Kiev proviene dai 32 partner dell’Alleanza atlantica. Ma c’è anche una spiegazione politica: l’azione del blocco occidentale risulterà più corale sia agli occhi delle opinioni pubbliche nazionali sia a quelli di Vladimir Putin.
Per il resto la Nato continua rafforzare il fianco Est. Entro qualche settimana l’Alleanza potrà contare su un serbatoio di 300 mila militari pronti a essere schierati lungo la dorsale che va dai Baltici alla Bulgaria. Il pressing sui missili Dal fronte arrivano notizie preoccupanti. Si teme che i russi possano sfondare le trincee orientali. Inoltre città come Kharkiv e Odessa sono rimaste senza scudo: facile bersaglio per i bombardamenti di Putin. Servono subito artiglieria pesante e sistemi di difesa anti-aerea.
In questi giorni Austin sta chiamando uno a uno i leader dei Paesi che possiedono batterie anti-missili Patriot. Gli ucraini hanno fatto i conti: ne servono 25 per proteggere l’intero territorio; ne basterebbero sette per tutelare i principali centri urbani. Sul taccuino di Austin, però, al momento sono segnate solo due batterie Patriot, messe a disposizione da Germania e Spagna.
L’Olanda è favorevole: sta valutando come procedere. Ci sarebbe anche la Grecia, ma il primo ministro ellenico, Kyriakos Mitsotakis, lo ha escluso. «No» anche dalla Polonia: i missili sono schierati a copertura dell’aeroporto di Rzeszow, base logistica per lo smistamento delle armi per l’Ucraina. L’Italia sta cercando di inviare un sistema di difesa aerea Samp-T. Il Regno Unito ha garantito altri tipi di dispositivi.
Austin e il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, stanno intensificando il pressing anche su Svezia e Romania. Lotta contro il tempo I generali della Nato condividono le parole pronunciate al G7 di Capri dal segretario di Stato Usa, Antony Blinken: «Non è troppo tardi, il nuovo pacchetto di aiuti americani consentire all’Ucraina di reggere l’offensiva dei russi». Il Pentagono sta consegnando un primo lotto di proiettili per cannoni e munizioni per i Patriot: tutto materiale già stoccato nelle basi americane in Europa. È evidente che il fattore tempo diventa cruciale. La fiducia del governo americano è bilanciata dalla preoccupazione dei militari ucraini che temono di perdere altro territorio nel Donbass.
Michael O’Hanlon, analista del Brookings Institution di Washington, stima che «l’avanzata dei russi potrebbe aumentare tra il 10 e il 20% rispetto al ritmo attuale». Numeri che, purtroppo, significano più morti per gli ucraini.